la potenza dei colori

I colori sono potenti perché sono capaci di esprimere i nostri stati d’animo. Nella costruzione di brand la scelta dei pantoni è determinante per il posizionamento stesso, ma dopo anni di lavoro, sono arrivata alla conclusione che, anche per quanto riguarda i colori vi sono delle stereotipie che dovrebbero essere superate.

La psicologia dei colori che, più o meno tutti abbiamo presente, esamina i colori in relazione al comportamento umano indicandoci come una certa tonalità sia capace di generare reazioni positive o negative e, ancora più nello specifico, avvicini le persone ad un certo brand o prodotto creando percezioni, opinioni e, perché no, orientamento maggiore all’acquisto.

LA POTENZA DEI COLORI NELLA COSTRUZIONE DELLA BRAND IDENTITY.

Il colore è potente perché, se utilizzato correttamente, crea riconoscibilità ed identità. Differenzia sostanzialmente un brand da un altro e crea un’immagine chiara dentro il nostro cervello che diventerà capace nel tempo di associare quel pantone al brand stesso. Pensa a Netflix!

Ma i colori, ancora di più in questo tempo di frenetica comunicazione social diventano la chiave di ottimizzazione dei nostri contenuti. Utilizzarli correttamente associati a dei layout personalizzati anche nella comunicazione online è imprenscindibile.

La stereotipia che va superata, secondo la mia esperienza, è la distinzione netta tra i colori caldi e quelli freddi e la loro reattività sulla percezione umana. Mi spiego meglio: se è vero che in linea di massima i colori caldi vengono percepiti come positivi, eccitanti, accoglienti ed, invece, quelli freddi, come istituzionali, seri, pacati, è anche vero sono intimamente legati alla sfera delle esperienze personali di ogni singolo individuo.

Ma come si può fare a comprendere quali siano i colori giusti per la nostra identità di brand e per la nostra comunicazione?

Bisogna analizzare in maniera puntuale categorie di pubblico similari a quelle che intendiamo coinvolgere nella nostra comunicazione. In tal senso gli stessi social media ci aiutano attraverso i test di advertising perché riescono a fornirci metriche di gradimento dello stesso messaggio declinato con pantoni e forme differenti.

Inoltre, ritengo che un altro aspetto importante sia quello di associare ai colori pattern, simboli e format capaci di collaudare gli schemi riconoscibilità nella mente delle persone.

Provare a differenziarsi vuol dire anche provare ad uscire dagli stereotipi simbolici di categoria: il verde per il green, il nero o il bordeaux per il luxury, il giallino pallido per il pane o similari. Vale la stessa cosa per i pittogrammi ed i naming eh!

I colori sono una corrispondenza tra l’intenzione e la reazione. Devono attivare l’attenzione e stimolare percezioni (qui trovi un articolo sull’argomento) con la capacità di costruire una cosa difficile: la relazione tra il brand e lo stato emotivo e cognitivo delle persone.

Per questo dobbiamo uscire dal retaggio del pantone utilizzato sempre e comunque in maniera inequivocabile: dobbiamo essere capaci di distinguerli e di sceglierli in base alle campagne, alle linee di prodotto e persino seguendo gli andamenti sociali ed i bisogni di chi entra in contatto con la nostra comunicazione.

Ma, soprattutto, non dobbiamo mai sceglierli e utilizzarli secondo i nostri parametri personali perché potrebbe essere un errore fatale per la nostra comunicazione.

In qualche maniera dobbiamo accomodare le nostre scelte di identità alle esigenze del pubblico per poter utilizzare il neurobranding ed il neuromarketing nella maniera corretta: ottimizzando cioè i risultati senza creare nuovi bisogni e senza che si attivi un processo di manipolazione.

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